Degrado: CROSTE NERE – MANCANZE – DILAVAMENTO – EROSIONE
La tomba dedicata a Giovanni Battista Casella, osservata dall’esterno, riporta, oltre alla firma dell’autore, la seguente iscrizione: “Tolto ai suoi cari a cui fu l’esempio di tutte virtù, il dì 14 ottobre 1856, non compiuto di 8 giorni il 60 anno di vita”. La rappresentazione è costituita di un sarcofago semplice e lineare di richiamo classico, con scanalature e zampe di leone alla base. Sopra di esso vi è un angelo dai tratti idealizzati, in posizione seduta, appoggiato vicino ad un’urna cineraria. Quest’ultima viene in parte coperta dal manto che avvolge il corpo dell’angelo fino ai piedi. Ai lati vi sono due fiaccole che emergono da “piatti” di forma tondeggiante. Osservando il monumento dall’interno vi è un secondo specchio scrittorio che recita: “A Giovanni Battista Giacinto Casella, padre desideratissimo, i figli dolenti ponevano questa memoria”.
La figura vista di spalle rivela un viso dai tratti idealizzati che guarda verso l’alto, i capelli lunghi raccolti e cinti da una fascia posta sulla fronte, le ali scolpite in uno stile lontano da quello realista, che si avvicinano di più ad una rappresentazione classica. Anche in questo monumento il fenomeno di degrado di maggior rilievo è dato dalla presenza della crosta nera. Come nella tomba Pignone, anche in questa scultura possiamo rilevare delle mancanze – in corrispondenza della parte finale delle ali dell’angelo scolpito – che possono essere state causate dalla crosta nera, oppure da una azione antropica. A differenza della tomba Pignone però, quest’opera è collocata in una sotto arcata esposta all’ambiente esterno. Questo fa sì che la pioggia batta direttamente su una parte della superficie dell’opera, provocando il dilavamento della crosta nera che, oltre a provocare danni di tipo chimico- fisico all’opera, comporta danni anche di tipo visivo, poiché se le zone interessate dal dilavamento ritornano ad un colore chiaro (vicino all’originario candore del marmo) le zone a riparo dalla pioggia mantengono la crosta nera gessosa. Questo effetto è riscontrabile, ad esempio, sul braccio dell’angelo, in cui la zona chiara (parte in cui il gesso è stato dilavato dalla pioggia) si interfaccia alla zona scura (parte al riparo dalla pioggia in cui persiste la crosta nera), quest’ultima di spessore maggiore e morfologia a scaglie. Il risultato è questa bicromia bianco-nero dell’opera.
A cura dei volontari del Servizio Civile, progetto “STAGLIENO, MUSEO CHE RACCONTA GENOVA: vita, storia, rispetto delle differenze e dei diritti.”